La Prefazione di Francesco Coniglio si conclude con un cenno finale alla componente grafica
di questo racconto scritto da Roberto Dal Prà, sottolineandone la pregevole verve umoristica.Ma è opportuno sottolineare anche il simmetrico apporto al graphic novel di Gianni De Luca. Ilquale fu bensì quel grande disegnatore che sappiamo, ma nel suo stile fu notevole anche l’apportoumoristico.
In effetti, abbagliati dalla bellezza della sua arte grafica, eccelsa sul piano realistico, si è portati a non interessarsi dei suoi aspetti umoristici. I quali si sono manifestati in quanto sempre serpeggianti nella sua opera ma anche in fumetti decisamente comici.
Tanto per evidenziarlo, va focalizzato come minimo un solo particolare. Il Diario Vitt è stato per vent’anni una giusta gloria di Jacovitti. Ma chi ha vissuto il fumetto nella sua evoluzione non dimentica che il primissimo Diario Vitt, anno scolastico 1950-51, fu opera proprio di De Luca. Era un diario scolastico povero per quei tempi, in un’Italietta che si stava ancora leccando le ferite della guerra conclusa qualche anno prima. Era un volume rilegato, disseminato di figurette singole in bianco/nero disegnate – appunto – da De Luca, nelle quali egli ritraeva in scenette scolastiche gli alunni destinatari di quel tipo di prodotto editoriale. Per concludere: nelle immagini di quel primissimo Diario Vitt c’erano ragazzetti delineati con tenera ironia, con umorismo garbato, quale De Luca manifestava anche sul settimanale «Il Vittorioso», dotando di figurette analoghe sia certe rubriche sia le puntate di romanzi a testo.
Insistiamo, al di là delle sue doti espressive drammatiche, c’era in De Luca anche un lato irridente che lo rendeva anche un apprezzabile umorista: una sua caratteristica di cui, in pratica, non si è quasi mai parlato, perché in fondo egli sapeva discretamente mimetizzarsi. Però è una presenza sistematica per nulla marginale in tutta la sua opera.
All’ironia, al grottesco, all’umorismo, De Luca ha sempre avuto una chiara propensione, evidente perfino nelle sue opere più drammatiche, come le trasposizioni della Trilogia Shakespeariana (1975-76).
La tempesta evidenzia per esempio una specie di solare umorismo nell’affettuosa maniera di caricaturare Calibano o nell’ariosa raffigurazione dei folletti e di Ariel. Ma un grottesco umorismo fa capolino anche nelle drammatiche tavole di Amleto, durante i momenti della sua cupa follia. E qualche sprazzo di autentico humour nero illumina perfino i tratti sinistri della fosca tragedia di Romeo e Giulietta. In effetti, le sue immagini hanno sempre una sfumatura di deformazione umoristica. Per citare un paio di esempi presi quasi a caso (tanto, non c’è che l’imbarazzo della scelta) si guardino le vignette (1969) del racconto Bob Jason, il cui vero protagonista Falco, vero educatore del ragazzino Bob, è la caricatura di un maturo trapper. Come del resto, sempre esemplificando, nella serie Il commissario Spada, il vecchio Sgrinfia è l’indovinata, affettuosa caricatura di un barbone.
Da un talento graficamente realistico come il suo è tuttavia permeata – si diceva – la sua intera opera, che appunto realistica rimane, ma permeata da un sistematico registro ora ironico, ora grottesco, ora perfino sarcastico: evidenziato nelle fisionomie dei volti, nelle movenze corporee, perfino in alcuni casi anche nel registro generale dell’opera.
Come nel racconto (1960) Non fumar la dinamite; con la realizzazione a fumetti, 1983, di quel capolavoro della letteratura per ragazzi che è Il Giornalino di Gian Burrasca di Vamba. De Luca ne fece un’opera deliziosa. Il disegno umoristico grottesco è impostato su una stilizzazione della figura umana, ed è come se egli operasse una caricatura della struttura scheletrica, a cui aggiungesse quella della carne e dei muscoli, per completarle alla fine con la caricatura dei costumi, dei vestiti, degli ambienti, degli arredi.
Un altro esito eccezionale è il suo breve episodio, 1985, Totò – Lo scugnizzo del Rione Sanità: autentico, piccolo capolavoro. In effetti, da una parte sta la strepitosa capacità di De Luca di ritrarre le fisionomie senza cadere nella gelida fotograficità. Dall’altra, c’è la ricchezza degli effetti grafici usati. Ma a dire il vero, queste sue eccellenti capacità nel suo stile, sono sistematicamente diffuse in tutto il racconto, come una radiazione di fondo, che sfocia in una inarrivabile capacità nella deformazione caricaturale delle immagini: anche qui, corpi, volti o ambienti che siano.
In questa prospettiva, era del tutto naturale che nel 1988, quando per «Il Giornalino» si doveva realizzare la sceneggiatura di Avventura nell’Orinoco, così simpaticamente impostata da Dal Prà sull’umorismo, l’illustratore scelto sia stato De Luca, in quanto titolare di uno stile umoristico dai canoni originali e caratterizzanti di una sicura modernità. Basta scorrere le pagine del racconto per constatare quanto esso rispecchi quelle caratteristiche di cui si è parlato più sopra, un esito di sorprendente plausibilità, intimamente imbevuto di spirito grottesco, quello irridente dell’autore. Sicché non è detto che il fumetto, acquistando un eccezionale disegnatore realista, non abbia però perso un umorista autentico.
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