giovedì 25 settembre 2008

ALICE'S ADVENTURES IN WONDERLAND [UK. 1865. Lewis CARROLL]

Or son molt'anni Carroll, strappatala dal core,
mandò sua figlia Alice, bella come un amore,
in giro per la terra d'Albione, e le impose
di raccontare ai bimbi tante storie curiose;
di far liete le sere d'inverno presso al foco,
d'esser gaia, gentile, di farsi amare un poco.
Cara Alice! Il suo incanto rese i bimbi felici
e fra i babbi e le mamme non contò più che amici;
tutti, grandi e piccini, le fecero buon viso
e furon conquistati dal suo dolce sorriso.
Ma un giorno, dopo ch'ebbe raccolti al suo paese
tanti trionfi, un vivo desiderio la prese
di vedere l'Italia, e con fede e coraggio,
imparò l'italiano e si mise in viaggio.
Un artefice raro le disegnò la vesta.
Ed ecco, bimbi cari, che Alice oggi s'appresta
a scender tra di voi. Un fraterna mano
porgete a quest'amica che viene da lontano.
Essa, per amor vostro, varcato ha monti e mari,
e spera che d'affetto non le sarete avari,
che insieme con Giannetto, Pinocchio e Ciondolino
di buon grado accordarle vorrete un posticino;
spera, fra tanti bimbi, nel folleggiante stuolo,
quasi obliar che nacque lungi, sovr'altro suolo.

Alice in FIABESCA. Stampa Alternativa.
Il testo di questa edizone riproduce fedelmente quello della prima edizione italiana del 1908, curata dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche di Bergamo.
L'impaginazione, il trattamento delle figure e la composizione delle filastrocche sono stati invece adattati alle esigenze editoriali della collana.

indroduzione ALICE (Fiabesca)
Del reverendo C. L. Dodgson, un matematico insigne, uno studioso, un dotto, ben poco è stato scritto. La sua vita semplice e modesta non offre nulla di particolarmente interessante. Soltanto dopo la pubblicazione delle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie (1865) egli diventa, sotto il nome di Lewis CARROLL, a un tratto popolare. Alice, creata da lui, gli crea a sua volta un'aureola imperitura . In Alice egli si rivela l'arguto e squisito facitore di motti, il brillante umorista, l'amico di ogni gentilezza. Egli ama i bambini, perché i bambini sono, come lui, semplici; ama il loro riso franco, e per divertirli, si fa piccino e inventa storie meravigliose. Così è nata Alice. Nelle passeggiate lungo il fiume, o in barchetta, o in mezzo alle verdi praterie, le scene del Paese delle Meraviglie si svolgono dinnanzi al piccolo uditorio, s'incalzano giorno per giorno, com'egli stesso racconta nel suo diario, ed anche in una gentile poesia che serve di prefazione al libro dedicato alla vera Alice - una delle tre sorelline Liddell.
Questa storia, che Lewis CARROLL inbastisce con grazia naturale pel piacere delle sue piccole amiche, ha un successo straordinario. Lo spirito bonario e gioviale dell'amabile Autore, che tanto bene ha capito l'infanzia e ne ha interpretato il sentimento con sì commovente ingenuità, penetra nelle famiglie, diviene il compagno di ogni bimbo, e tale continua ad essere, pieno sempre di attrattiva,di arguzia, di bontà.
Il libro fortunato fu tradotto fin dal 1969 in francese e in tedesco. I traduttori dovettero naturalmente superare non livei difficoltà per adattarlo ai rispettivi diomi.
Le stesse difficoltà presentava la versione italiana, specialmente per i giochi di parola intraducibili, che si sono dovuti sostituire. Similmente, ad alcune poesie del repertorio infantile inglese, che Alice, nelsogno, recita sbagliandole, fanno riscontro nella traduzione altre poesie, che i bambini italiani facilmente riconosceranno. Vi hanno, infine, alcuni particolari di sapore prettamente inglese che non sarebbe stato possibile eliminare, senza alterare il carattel originale dell'opera.
Ed ora, il giudizio ai bambini - i veri giudici competenti.
E.C.

Quando Alice giunse in Toscana. by Angiolo BANDINELLI (Fiabesca)
Il fiabesco è genere letterario inquietante e ambiguo. Nei suoi meandri - ma chi li ha esplorati compiutamente? - si incontrano delizie e nequizie, atrocità e squisitezze, e spesso non sai se ti sei imbattuto in queste o in quelle. Ma una qualità deve necessariamente possedere; quella di una godibilità immediata (o, chissà, non immediata ma doppiamente riflessa) per la gente, e i bambini, cui è destinato. Per questo, è un genere difficile a tradurre. In ogni senso. Quando Pinocchio torna in dietro, in Italia, nella versione disneyana, di primo acchitto appare un trdimento. "Gli è il m' babbo", grida il burattino; ed è esilarante e intraducibile.
lo stesso dicasi per Alice. I legami di Alice col suo tempo e la sua società sono strettissimi, forse anche più che non quelli di Pinocchio con il paesaggio toscano. Questo spiega la sorte delle traduzioni di Carroll nella nostra lingua. Pur notevolmente diffuso, visto che se ne possono contare oltre venti tra versioni e rifacimenti, il capolavoro di Carroll non diventa mai, da noi, davvero popolare. Certamente si diffonde negli anni recenti presso ambienti colti, ma per motivi estremamente colti e rarefatti; quello che affascina è l'ambiguità della figurina, lievemente perversa ed enigmatica, nata dalle fantasie segrete e dagli impulsi repressi dell'eccentrico vittoriano. Così, le "buone" traduzioni del libro sono ghiotta occasione per esercizi di filologia, che consentono fruttuose immersione nel pelago della psiche di Carroll; ma, in mano a un bambino, avrebbero l'effetto di farlo addormentare immediatamente, anche un pochino arrabbiato.
La gran parte delle versioni correnti - ogni autore di successo ha Alice in catalogo - cade invece nell'errore opposto; che è di dar, nel quale corso ad un linguaggio scioccamente puerile ambiguità ed asperità vengono accantonate. In definitiva, possiamo dire che Alice non si trapianta bene nei territori di Pinocchio, tra le colline toscane e i suoi cipressi: il Tamigi non è, insomma, l'Arno.
A centocinquanta anni dalla nascita di Carroll, mentre da ogni parte si ravviva la curiosità e l'interesse per questo testo che resta comunque tra gli straordinari del nostro tempo, cosa fare per tentare di colmare il divario, rappacificare Pinocchio e la piccola, così ostinatametne britannica? un'altra traduzione? E perché, quando almeno una parte possieda alcuni dei requisiti richiesti? Ecco che Fiabesca ripropone la traduzione su cui, nel lontano 1908, si realizza la prima traduzione italiana del libro Carroll.
Non, attenzione, la prima versione [corsivo]in italiano[corsivo]. Almeno una notevole menzione spetta infatti a quella che, curiosamente, vide la luce in Inghilterra già nel 1872, pochissimi anni dopo la nascita, nel 1865, del capolavoro. Lo stesso Carroll, molto accorto, pare, a gestire bene la sua svagatissima opera, suggerisce all'editore Macmillan di pubblicare il libro in diverse lingue europee. In pochi anni vedono la luce una versione tedesca, una francese e, appunto, una italiana; che però arriva solo quarta, perché nel frattempo una versione svedese è venuta fuori per suo conto.
Pare che Carroll seguisse con molta attenzione queste traduzioni: lui stesso indicò a chi affidare il travasamento in italiano; purtroppo, per quante ricerche abbiamo fatto, no siamo riusciti a rintracciare alcuna notizia bio-bibliografica del T. Pietrocòla-Rossetti che portò a termine l'impresa. Delle mille copie di questa sua versione, trecento furono cedute al Loescher di Torino, e sarebbe interessante seguirne le tracce. In Inghilterra, le residue non ebbero gran fortuna, visto che nel 1930 alcune erano ancora disponibili presso l'editore, al prezzo originario(1).
Insomma, salvo errori, il primo vero approdo italiano di Alice può a buon diritto può essere considerato proprio la traduzione che Fiabesca presenta. Il libro fu pubblicato dall'Istituto Italiano di Arti grafiche di Bergamo, ma almeno una edizione venne diffusa come strenna per gli abbonati del "Giornale d'Italia", una testata di sicuro prestigio. L'opera di Carroll era, in Italia, a tal punto sconosciuta che nelle [corsivo]manchettes[corsivo] pubblicitarie il quotidiano la presentava con il titolo Il Sogno di Alice, mentre la copertina recò poi quello di Nel Paese delle Meraviglie, senza riferimento al nome, forse sentito vagamente estraneo, della protagonista(2). Il mito di Alice doveva ancora nascere.
Non mi pare esista una storia del contributo delle traduzioni alla cultura letteraria del nostro paese. Dovrebbe citare la Alice di Emma C. Cagli(3). D'intesa con Carroll, anche Pietrocòla-Rossetti aveva sostituito giochi linguistici e filastrocche originali con sue invenzioni, o con motivi scovati
nel repertorio dell'Italia immagianria dell'epoca. "Tu che a Dio spiegasti l'ali" di Donizetti, prende il posto del "Twinkle Twinkle, Little Star" del Cappellaio Pazzo. Non è insomma la "Vispa Teresa", proposta lì dalla cagli, la novità da segnalare. La vera novità la scorgiamo piuttosto nella qualità dell'italiano e nella resa complessiva.
La Cagli lavora su un italiano che ha tutto il gusto dell'epoca. Nel bene e nel male. Il suo, è un impasto linguistico familiare e aulico, fanciullesco e borghesemente rispettabile, provinciale e colto che ci pare rispecchi con fedeltà e felicità il tono culturale della borghesia emergente dei primi del secolo, tra innovazione e tradizione, in un clima inquieto e a suo modo, e di necessità, sperimentale. Il risultato è straordinariamente godibile; raramente banale o scioccamente infantile, pur nella evidente volontà di mette a fuoco un testo davvero adatto all'infanzia. Questa volta il ritegno borghese fa agio sulla sbracatezza del mammismo; e tali qualità restano anche per il lettore di oggi. Insomma, non è un caso se il volume è diffuso come strenna del "Giornale d'Italia". In alternativa all'Alice, ai lettori esso offriva un florilegio carducciano, ma anche l'"Emporum" di V. Pica, rivista di notevole importanza culturale.
L'edizione del 1908 ha anche il grande pregio di ornarsi delle splendide illustrazioni di Arthur RACKHAM. Benché sia ignorato dalla Enciclopedia Britannica (e sia invece dignitosamente ricordato dalla Treccani) Rackham è uno dei grandi disegnatori del liberty, le cui illustrazini di Peter Pan, dei Grimm e di Shakespeare sono da antologia(4). La sua raffigurazione di Alice è ben diversa da quella, che va per la maggiore e certo è la più filologicamente più corretta, di TENNIEL. Rackham toglie ad Alice quel tanto di pupazzettistico che Carroll forse richiese per "santurare", mascherare e rendere inoffensivala sua creatura e le sue evidenti ambiguità: non si indaga sulla psiche di un pupazzo, per l'ovvia ragione che un pupazzo non ha psiche. Questa Alice ha le fattezze delizose di una adolescente borghese del suo tempo. Ma, a questo punto, Rackham deve dare ragione del lato d'ombrta che è dietro la figuretta femminile: per questo ci pare di poter seguire nel suo segno u precorrimento, quasi un brivido, di doppiezze psicoanalitiche; sommessamente si avverte che il viaggio di Alice è in fin dei conti un viaggio nella trasgressione. Come ogni fiaba che si rispetti, del resto.



(1) La storia di questo curioso testo è riportata nella edizione che circola ancora nei paesi anglosassoni, per la Dover publications, N.Y., 1978. Del Pietrocòla-Rossetti, nonostante la probabile connessione con una famiglia di spicco della cultura inglese, non siamo riusciti a reperire alcun riferimento bio-bibliografico.
(2) Il volume (cm 21x15, legatura in tela e impressioni in oro) reca la dicitura "1a edizione italiana". Le edizioni sono però almeno duie lievemente differenti, delle quali una ha in frontespizio la dizione "Premio agli abbonati al Giornale d'Italia" (cui veniva offerta a Lire 4, invece delle 8 di copertina). Le illustrazioni a colori erano stampate dalla Casa William Heinemann, di Londra.
(3) Anche di Emma C. CAGLI non siamo riusciti a trovare tracce nei repertori e dizionari biografici consultati, nonostante sia autrice anche di traduzioni di Maeterlinck pubblicate, sempre a Bergamoo, in elegante veste xilografichedi Charles DOUDELET.
(4) Arthur RACKHAM, pittore, acquarellista, illustratore, nato a Londra nel 1867, fu celebre disegnatore di soggettigrotteschi e fantastici. In Italia viene tempestivamente fatto conoscere da V. Pica ("Emporium",, XXVI, 1907). La voce sulla Treccani è di Arthur POPHAM, del British Museum.

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