giovedì 24 aprile 2008

HAWARD. THE DUCK. [USA. 1973. Steve GERBER.]






“Il creatore di Howard il Papero”. Così orgogliosamente si definisce Steve Gerber nella homepage del suo sito Internet: www.stevegerber.com. Un’affermazione che è molto più di una semplice constatazione di fatto e che testimonia quella che è la passione di un autore per un personaggio in cui ha messo molto di sé.
Un personaggio che ha creato tuttavia molti grattacapi alla Marvel: sin dal suo esordio, nel 1973, Howard il Papero è stato bollato come una copia di Donald Duck (da noi noto come Paperino), tanto che la Walt Disney Company ha intentato un processo per plagio. Ovviamente erano critiche con poca sostanza, visto che Howard non aveva nulla a che spartire con Donald Duck, se non forse una vaga rassomiglianza fisica.
E’ stato poi lo stesso Steve Gerber a citare in giudizio la Marvel perché gli venisse riconosciuta la paternità di Howard, dal momento che negli Stati Uniti i diritti d’autore ricadono esclusivamente sulle case editrici, soprattutto nel caso delle major. La Image in tal senso rappresenta più che altro un’eccezione alla regola. Evidentemente le parti sono giunte infine ad un accordo dal momento che nel 2002, circa quindici anni dopo la sua ultima storia, Steve Gerber è tornato a narrare le gesta di Howard grazie a questa miniserie di sei numeri inserita nella linea editoriale MAX per via dei suoi contenuti forti (pur essendo in perfetta continuity).
Ad una prima analisi qualcuno potrebbe pensare che i racconti di Howard, un papero parlante dalle vaghe fattezze umanoidi, siano di stampo prettamente umoristico. E non sarebbe del tutto in errore, poiché la vena comica è sempre stata presente nelle sue storie: ma sarebbe anche un giudizio riduttivo. Poiché dietro le risate, dietro le battute, dietro le situazioni assurde si celava una spietata critica della società americana e dei suoi pregiudizi. Insomma, HOWARD THE DUCK è sempre stato un fumetto satirico e come tale di denuncia dei poteri forti.
Oltre a questa caratteristica, Steve Gerber ha spesso utilizzato il suo personaggio per lanciare stilettate contro i suoi colleghi scrittori, rei di adagiarsi sugli allori dei loro successi e di non utilizzare le loro opere al meglio delle loro possibilità. Insomma, le risate c’erano, ma erano sempre a denti stretti. Questa miniserie oltre a non rappresentare un’eccezione ha calcato ulteriormente la mano, tanto che con l’ultimo capitolo la Marvel ha sentito in dovere di dissociarsi dalle opinioni espresse da Gerber in merito alla religione.
Chi volesse andare alla ricerca delle storie di Howard il Papero pubblicate in Italia dovrebbe armarsi di santa pazienza poiché questo personaggio, per i più svariati motivi, non è mai stato sotto i riflettori nel nostro paese.
Howard nasce come comprimario di alcune storie dell’Uomo Cosa, inedite in Italia, prima di guadagnarsi la sua prima serie personale: ben 33 numeri, dei quali solo sono stati da noi pubblicati solo i primi tre (sulla rivista antologica EUREKA della Corno). Successivamente il personaggio ricompare su HOWARD THE DUCK MAGAZINE, edita parzialmente a metà degli anni ‘80 su testate speciali come Il Papero Incatenato, senza licenza Marvel (si era in un’epoca in cui i fumetti della Casa delle Idee vivevano un momento nero, per usare un eufemismo). Decisamente più accessibili le più recenti apparizioni di Howard: un lungo ciclo di GENERATION X ed uno speciale natalizio (V. WIZ 25/29).
A chi conosce l’inglese, tuttavia, è caldamente consigliabile ESSENTIAL HOWARD THE DUCK, un volumone di oltre 500 pagine che ristampa tutte le storie scritte da Steve Gerber (con l’eccezione di questa miniserie).
Se si chiedesse quale sia stato il primo personaggio Marvel ad essere portato sul grande schermo, molti direbbero di certo l’Uomo Ragno oppure gli X-Men, altri invece Blade. In tutti questi casi sarebbero ipotesi errate. Perché, anche se suona difficile crederlo, il primo “eroe” della Casa delle Idee ad approdare nei cinema è stato proprio Howard il Papero (non vanno considerati i “film” dell’Uomo Ragno degli anni ’70 in quanto nati come prodotti televisivi). Purtroppo.
Eh sì, perché il lungometraggio del 1986 (che vedeva tra i protagonisti anche un giovane Tim Robbins) era decisamente un prodotto inferiore, da serie B per non dire di peggio. E questo è strano se si considera che Steve Gerber ha dato il suo apporto alla trama. Molti affermano che è stato proprio a causa di questa disastrosa pellicola se la Marvel ha poi dovuto attendere più di dieci anni per riportare i suoi eroi sul grande schermo: un’asserzione forse esagerata, anche se chiaramente si è dovuta ricostruire una certa credibilità, di certo non supportata dai successivi film mai distribuiti dedicati ai Fantastici Quattro e a Capitan America. Per fortuna ormai questo oscuro periodo è alle nostre spalle.
I rapporti tra fumetto e religione, così come accade negli altri media, è sempre stato complicato. Ancor più in una società in gran parte puritana come quella americana. Fino agli anni ’80 era impensabile che nei comics, soprattutto di importanti case editrici come la Marvel o la DC, si parlasse apertamente di temi religiosi, al limite vi si poteva accennare. Ancor più inconcepibile poi una critica ad una qualsiasi forma di culto. Per fare un esempio, l’autore Rick Veitch venne cacciato dalla DC per aver osato proporre sulla collana Swamp Thing una storia con protagonista Gesù Cristo.
Lentamente però le cose sono cambiate, grazie forse a prodotti scomodi come South Park (col suo messia mediatico), ed oggi autori come Mark Millar possono scrivere una mini come Chosen (da lui definita Ultimate Jesus Christ) o, per volare più basso, Erik Larsen può mettere in scena un colloquio tra Dio ed il suo Savage Dragon.

LA STORIA.
Tempi duri per Howard il Papero e la sua grande amica Beverly Switzler: lui è ridotto a lavorare in un deposito di rottami, mentre lei cerca disperatamente un impiego che migliori la situazione economica di entrambi. Qualcosa in tal senso sembra muoversi quando la donna viene assunta dalla Globally Branded Content-Dot-Com, una compagnia di marketing il cui compito è dare vita a boy band artefatte dietro cui ragazzine urlanti possano sbavare e spendere soldi in gadget vari. Una facciata dietro cui in realtà si nasconde un progetto criminale: Beverly scopre infatti che i componenti dei Backdoor Boys, il gruppo di maggior successo creato dalla ditta, altro non sono che prodotti nati da un liquido genetico, grazie alla cui musica si possono indicare in modo subliminale preferenze politiche alle ragazzine. Preferenze che perseguiranno una volta divenute maggiorenni.
Dietro tutto ciò c’è il perfido (insomma…) Dr. Bong, uno psichiatra criminale acerrimo nemico di Howard e che dichiara di essere regolarmente sposato con Beverly (pur essendo la cerimonia stata ufficiata da un marinaio russo ubriaco). Nel confronto che ne segue, Howard il Papero cade inavvertitamente in una vasca di materiale genetico instabile: quando riprende i sensi scopre di essere diventato… un topo! O sarebbe meglio dire un ratto?
Le mutazioni di Howard diventano ben presto sempre più incontrollabili, facendogli assumere le forme dei più disparati animali (persino di qualcuno non presente in natura) e portandolo ad intenti suicidi. Il Dr. Bong dal canto suo continua a tormentare lui e Beverly: con una telefonata anonima convince tutte le forze di polizia della nazione che nel deposito di rottami dove lavora Howard si annidi il pericoloso terrorista Osama El-Braka (Braka è la parola araba per papero). Il risultato è che la misera catapecchia dove l’ex papero e la sua compagna vivono viene rasa al suolo dall’esercito ed i due rimangono così senza casa. E dai pensieri suicidi, Howard comincia lentamente a scivolare nella demenza.
Rifiutati da tutti gli hotel per il loro aspetto (e per la scarsità di denaro), Howard e Beverly si ritrovano soli con loro stessi. Fino a quando vengono rintracciati dalla detective Suzi Pazuzu, una compagna d’infanzia di Beverly che sta indagando sugli affari illeciti della Globally Branded Content-Dot-Com. Una donna che è entrata nel mirino del magnate Kenneth Flogg, poiché lei a sua insaputa è venuta in possesso di un potentissimo artefatto da tempo sparito dalla circolazione: la Doucheblade. Un’arma dentro cui è stata infusa la malvagia essenza del demone Pazuzu. Un’arma in grado di far crescere a livelli eccezionali le doti fisiche di colei che la detiene, di modo che gli adolescenti bavosi che leggono le sue storie piene di inutile violenza badino poco alla forma e pure al contenuto (e chi ha orecchie per intendere, intenda).
Flogg vuole impossessarsi della Doucheblade ed affida questo incarico al Dr. Bong, il quale spera ancora di poter uccidere Howard e la sua ex moglie.
Il Dr. Bong penetra nell’abitazione della detective Suzi Pazuzu, proprio mentre costei entra in comunione con la Doucheblade e con i segreti dell’universo. Il risultato è che la donna perde la presa sul mistico artefatto, il quale cade tra le mani di Howard, che subisce una nuova, incredibile mutazione: Howardblade. Più che una bad girl, l’incubo di tutti i censori dei fumetti. Con una sana, gratuita ed inutile dose di violenza si sbarazza del Dr. Bong, che si convince infine a lasciar perdere i suoi propositi di vendetta.
Tornato alla normalità (o meglio al suo aspetto di ratto), l’ex papero e la sua compagna Beverly Switzler si ritrovano di nuovo alle prese col problema di trovare un rifugio. Giungono infine presso la cosiddetta Pensione del Mistero: gestita da tali Caino e Abele, vede tra i suoi ospiti eccentriche personalità. Come Hellboozer, uno stregone alcolico post-moderno con dipendenza da nicotina ed una lunga scia di fidanzate morte; oppure gli Interminabili, sette esseri immortali che continueranno ad esistere in una processione infinita di sfibranti miniserie che usciranno anche quando il mondo sarà ormai ridotto in polvere; ed infine Splatter Gomorrah, uno sboccato giornalista che smaschera quelle verità che i potenti non vogliono che si sappiano. Ed è sul punto di rivelare la più grande frode perpetrata ai danni degli Stati Uniti: Iprah ed il suo talk-show, per colpa del quale mezza popolazione si è convinta che lei sia la voce di Dio. Invece è solo un fantoccio del marketing.
Sarà proprio questo strafatto, transmetropolitano reporter a coinvolgere Howard e Beverly nell’avventura più folle della loro vita.
Tempi duri in Paradiso, nel Nodo MV4211-E: il demone maligno noto come Deuteronomio è infatti fuggito dalla sua prigione ed è approdato sulla Terra, per la precisione in uno studio televisivo dove viene trasmesso un talk di grande successo, Iprah Show. Per trattare con questo pericoloso soggetto, la schiera dei cherubini non può far altro che affidarsi all’insidioso Santo dei Terapisti, il cui sigaro è in realtà un’arma letale.
In quello stesso studio sono presenti come ospiti anche Splatter Gomorrah, Beverly Switzler e Howard il Ratto-Papero, per smascherare le falsità che questa presentatrice propina ogni sera ai suoi telespettatori. Un ospite perfetto dunque per il Deuteronomio, che prende possesso del suo corpo e con la sua voce persuasiva fa sì che l’intero share televisivo cominci ad adorarlo e venerarlo. Solo Howard pare in grado di resistergli, per via della negatività che pervade la sua anima in questi giorni da ratto.
Il Deuteronomio afferma di essere la voce di Dio, ma il Santo dei Terapisti ribatte che non è altro che un fallito esperimento genetico degli Arcangeli per sostituire Dio, il quale si è ritirato a vita privata nel 1938. Scioccato da questa rivelazione, il Deuteronomio distrugge il Santo, ma prontamente Howard afferra il suo sigaro e con questo riesce ad esorcizzare il demone, rispedendolo nella sua prigione dimensionale. Finalmente l’industria del tabacco è servita a qualcosa.
Estasiato da questa vittoria, Howard aspira una boccata di fumo dal sigaro del Santo dei Terapisti, col risultato che il suo intero corpo si tramuta in cenere e si dissolve davanti agli occhi angosciati di Beverly.
Dio, l’Essere Supremo: a prima vista parrebbe inverosimile che possa diventare il protagonista di un fumetto, eppure… Eppure è accaduto anche nell’ultimo numero di questa miniserie. Howard si ritrova all’Inferno, situato tra la Nona Avenue e la 44ª strada: in un pub a bere una birra trova Dio, che ha desiderio di parlare con lui. Howard ne approfitta per chiedergli quale sia la sua vera natura: quella descritta nella Bibbia, nel Corano… oppure ne esiste un’altra? Dio risponde di non considerarsi il prodotto delle varie religioni, i cui libri sacri non sono altro che racconti di narrativa con una marea di errori di continuity: il problema è che esse hanno reso il Suo nome ridondante fino alla diffamazione. Avrebbe dovuto tutelarsi coi diritti d’autore. La religione è un’ invenzione dei mortali: un essere perfetto non avrebbe mai concepito un’idea così tremenda. Soprattutto quei culti che professano guerre sante o che sono dominati da un’unica figura che pone tutti gli altri sotto il suo controllo.
E poi Lui non è l’unico Creatore e questa non è l’unica Terra. Lui è più che altro un fornitore ed il pianeta un lavoro su commissione: purtroppo non è venuto così bene. Ci sono poi Asgard, il Valhalla, Olimpo, i Campi Elisi… ognuno con le sue regole, ognuno coi suoi dei, ognuno coi suoi fornitori: lo sviluppo e la ricerca dell’Universo sono attività che pagano. Sempre che si riesca a rientrare nel budget previsto o la Commissione che presiede a tutto ciò non decida di cancellarlo per mancanza di turisti e di profitti.
Infine Dio si rivolge a Howard: deve abbandonare questa negatività che lo caratterizza, trovare quella grazia che è dentro di sé e smetterla di cercare nella vita un significato superiore. Perché non ne esiste alcuno. Questo comporta anche delle sventure a volte, ma è inevitabile. Così il Supremo Fornitore ridona a Howard il suo aspetto di papero e lo riporta in vita.

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